Conoscere persone come Raffaele Fiengo, leggerne i suoi scritti, significa senza dubbio una formazione importante per l’interlocutore o il lettore.
Il suo saggio “Il Cuore del potere”, edito nel 2016 per i caratteri di CHIARELETTERE, restituisce un’opera omnia sulla storia del giornalismo italiano, offrendo chiavi d’interpretazione nel settore dell’informazione che trascendono dall’esperienza personale dell’autore. Consumatasi per la gran parte della sua intensa e lunga carriera nei luoghi storici del primo quotidiano italiano in via Solferino a Milano.
“L’opposizione del giornale e del suo leggendario direttore Luigi Albertini al fascismo rappresentò uno degli ultimi seri ostacoli al consolidamento del potere di Benito Mussolini. Così i proprietari – i membri della famiglia Crespi nel 1925, per non rischiare rappresaglie pericolose da parte del regime, dovettero rimuovere Albertini.
E’ stato così anche durante i quarant’anni della carriera di Raffaele Fiengo che va dalla fine degli anni Sessanta fino a poco tempo fa, negli anni Duemila. Redattore e soprattutto capo, per molti anni, del sindacato dei giornalisti del Corriere, Fiengo è stato un osservatore privilegiato e un protagonista di molte lotte.”
Lo stralcio riportato dall’introduzione di Alexander Stille chiarisce meglio di tante altre parole poco efficaci l’ampia portata storica ma soprattutto etica e di sostanza di una vicenda complessa, quanto circoscritta nei nostri confini nazionali.
Il lavoro dello scrittore Fiengo, relativo a una fase storica e decisiva del Corriere della Sera, alla narrazione delle gesta nobili e coraggiose di alcuni giornalisti coinvolti, rispetto a quelle di altri colleghi rivelatisi sicuramente miserevoli, per usare un eufemismo, restituisce un quadro denso di fatti e riferimenti minuziosi. Difficile immaginare il tempo impegnato dall’autore, la solerzia nella ricerca di documenti e testimonianze, necessarie a illuminare visioni oscure e drammaticamente torbide che hanno segnato nel profondo la vita del nostro Paese.
Il libro non è semplicemente un memoriale che raccoglie fatti e dati oggettivi in un arco temporale di un quarantennio. Basti pensare che le rare esaurienti recensioni di questo lavoro, si trasformano a loro volta in altri saggi da approfondire.
Alcuni punti salienti da ricordare per stimolarne una lettura dovuta (un dovere civile per chi scrive) risiedono nella presenza paternalistica della proprietà editoriale riferita alla “Zarina russa” Giulia Maria Crespi con la relativa “Magna Charta” avviata il ventinove maggio 1973.
La vicenda più grave e oscura attraversata in questo confronto con la storia è certamente l’avanzata delle Loggia P2 di Licio Gelli e la graduale presa del quotidiano di Via Solferino.
Un processo subdolo e criptico, sviluppatosi grazie a funambolici capziosi passaggi societari, favoriti da alcuni protagonisti e comprimari apparentemente integerrimi, quanto ambigui e melliflui.
Su tutti Franco Di Bella, direttore coinvolto insieme alla proprietà nominale del giornale (Rizzoli) e del manager dell’epoca Bruno Tassan Din, nello scandalo P2 – Banco Ambrosiano.
Nell’andirivieni temporale che segna il libro (in alcuni casi i salti pindarici, stressano la cronologia degli eventi, richiedendo sforzi di concentrazione e riletture di alcuni passaggi) emerge una costante storica che segna la criticità maggiore nell’informazione italiana.
Le proprietà spurie del Corriere come di altri principali organi nazionali d’informazione, degradano fatalmente il profilo etico e indipendente del giornalista.
Quest’ultimo da controllore del sistema politico (il celebrato “quarto potere”) diviene inevitabilmente controllato dal regime politico o dalla commistione d’interessi economici politici che minano pesantemente lo spartiacque fra redazione del giornale e amministrazione della gestione. Le inevitabili ricadute sull’attendibilità dei contenuti, sulla formazione di una massa critica intellettuale, condizione primaria per una società civile e sufficientemente democratica, sono insostenibili.
Nel quadro da brividi che si traccia, si elevano individualità e professionalità che, anteponendo ai personalismi e alle bramosie arriviste, hanno tenuto alto il ruolo dell’informazione, mantenendo (con dolorosi sacrifici) la schiena diritta, riuscendo a coagulare alleanze e passioni in una vera resistenza in nome dell’informazione indipendente.
Nonostante l’assenza in Italia di un vero cosiddetto Freedom of Information Act, gli strumenti di tutela della professione (nel 1973 lo stesso Fiengo inaugurò la “società dei redattori”), hanno posto sempre un argine rispetto alla “ragion di stato” di editori, troppo spesso portatori di meri interessi strumentali e di bottega.
L’analisi d’innumerevoli processi attuati da una lunga schiera di firme giornalistiche oltre che da tanti personaggi della Politica e dell’imprenditoria nazionale, consegnano uno strumento potente d’interpretazione delle vicende nazionali e internazionali.
Approfondire i contenuti esposti è per il lettore l’adozione di lenti inedite in grado d’invertire radicalmente le prospettive di osservazione.
Un esempio illuminante potrà essere sovrapporre la lettura de “Il Cuore del potere” con la recente pressoché uniforme narrazione mediatica della scomparsa di Sergio Marchionne.
Un esperimento da provare che giustifica l’esigenza di un sistema informativo degno di questo nome per la rinascita del nostro Paese. Dove gli addetti (indispensabili) ai lavori sono, primi fra tutti, i lettori e i cittadini.
(fonte: http://caratteriliberi.eu/2018/08/08/recensione-libri/il-cuore-del-giornalismo/ )