A Sassari il grande Teatro italiano con la rassegna di prosa Cedac. Un baluardo nella settimana devastante del contagio virale.
Tornano le scenografie a teatro! Una bellissima notizia per una produzione importante frutto di un partenariato fra le eccellenze delle compagnie teatrali nazionali. L’evento si accompagna con un valore aggiunto. Un auspicio di ottimismo nella settimana più orribile per la vita del teatro italiano e del suo comparto economico e professionale, considerando gli oltre dieci milioni di euro persi con le cancellazioni di oltre settemila spettacoli dovuti all’emergenza sanitaria del covid19 (https://www.agi.it/spettacolo/news/2020-02-25/coronavirus-spettacoli-cancellati-perdite-cinema-teatri-7213920/).
Non c’è il consueto pienone in platea al teatro comunale di Sassari per il settimo appuntamento della rassegna di prosa invernale organizzata dalla Cedac, giunta quest’anno alla quarantesima edizione.
Il martedì grasso di Carnevale e i riverberi precauzionali circa l’allarme sanitario sui rischi da contagio per il coronavirus contribuiscono a compattare un pubblico più attento e ammaliato dai due atti della commedia in ribalta.
Una produzione associata fra alcune delle migliori realtà teatrali italiane: la Fondazione Teatro di Napoli, il Teatro Bellini, il Teatro Stabile di Catania, mette in scena Fronte del Porto.
L’opera originaria scritta da Budd Shulbergg, segnò il capolavoro cinematografico (On the Waterfront) del 1954 diretto da Elia Kazan e interpretato da Marlon Brando, vincitore di otto premi Oscar su dodici candidature.
La felice trasposizione teatrale vissuta a Sassari vede la direzione di Alessandro Gassmann. Con il suo irriproducibile dna firma uno spettacolo che muta il lungomare d’oltreoceano nella Napoli degli anni Ottanta. Un’ambientazione dai colori forti, dove suoni e linguaggi assumono toni disinibiti, spesso cruenti e violenti. Si azzerano le distanze fra l’immaginario, diluito nel correttamente fiabesco e una realtà narrata che ha segnato la vita di tante famiglie relegate a condizioni di sudditanza e disagio imperante. La dozzina di attori, protagonisti sul palco, offre una storia corale, carica di tensione emotiva, dove il connubio fra sangue e resilienza, martirio e riscatto della propria dignità crea un imprinting genomico inscindibile dalle origini autoctone degli stessi attori.
Il best seller sul grande schermo ambientato nella metropoli americana degli anni cinquanta si sovrappone naturalmente nello specchio partenopeo all’ombra del Vesuvio con un differimento temporale di un trentennio. L’ottimo riscontro dell’esperimento nasce dall’adattamento geniale nella traduzione di Enrico Ianniello.
Segnaliamo alcune sue note:
“Ecco allora l’idea che mi ha mosso in questo nuovo adattamento: fondere queste esperienze e trasferire Fronte del Porto nella Napoli dei primi anni ‘80 per giocare – dal punto di vista formale – con le musiche di quei film, con i colori sgargianti della moda casual di quegli anni, con i riferimenti culturali di quell’epoca (giusto per citarne uno: l’oro alle olimpiadi di Mosca di Patrizio Oliva, sicuramente un modello per il nostro protagonista), e con una lingua napoletana che in quei film si va italianizzando per darsi una veste di dignitosa comprensibilità nazionale senza perdere il proprio carattere e il proprio bagaglio espressivo.”
Bravissimi gli attori, difficile citarli tutti in un protagonismo che è espressione plurale e rappresenta il punto di forza del progetto.
Una citazione, pensiamo, sia comunque dovuta per Daniele Russo (Francesco Gargiulo alter ego di Terry Malloy della versione originaria) e Francesca De Nicolais (nei panni di Erica Caruso, l’Edie Doyle nel citato film), davvero superbi nelle due ore sul palco.
“E, purtroppo, non è stato necessario inventarsi nulla per restituire credibilmente le storie di caporalato, soprusi e gestione violenta del mercato del lavoro in quello specchio della città che è il nostro Fronte del porto.”
Le conclusioni di Ianniello fanno il paio con le note di regia di Alessandro Gassmann:
“Credo che in questo momento in questo paese non ci sia storia più urgente da raccontare di Fronte del Porto. Una comunità di onesti lavoratori sottopagati e vessati dalla malavita organizzata, trova attraverso il coraggio di un uomo, la forza di rialzare la testa e fare un passo verso la legalità, la giustizia, la libertà. Ho chiesto a Enrico Ianniello di spostare l’azione originariamente ambientata negli Stati Uniti degli anni 50, in una Napoli degli anni 80, dove la camorra era organizzata e presente tra gli operai del porto industriale.”.
Oltre il valore sociale che muove la memoria collettiva su una realtà troppo spessa oscurata, destinata a interessi di altra natura o rubricata in un’abusata iconografia da “questione meridionale”, Fronte del porto restituisce l’immagine di un teatro vivo.
Dove le scenografie suggestive tornano con un ruolo importante e adeguato all’allestimento narrativo. Container che carrellano i fondali della ribalta con il contributo degli stessi attori, mutando il set dalla banchina di molo Bausan all’altare dell’antica, bellissima chiesa della Madonna del Carmine, sino ai vicoli stretti della zona Mercato, amplifica il coinvolgimento emotivo nel pubblico.
La fotografia digitale di Marco Schiavone, le musiche di Pivio e Aldo De Scalzi, contribuisce a quella che probabilmente è stata la produzione più bella e intensa vista sinora in questo cartellone invernale. Sicuramente meritevole di concorrere a più di un premio Ubu. La prolungata ovazione finale del pubblico conferma il livello superiore di questo spettacolo. Il premio migliore per attori e addetti ai lavori, è andare a teatro, dove ancora sia possibile, non solo per questo capolavoro. Il prossimo appuntamento a Sassari con la rassegna Cedac è Rock e resilienza. Sul palco Paola Maugeri.