Nel suo ultimo romanzo Romana Petri esplora l’umano sentire oltre i confini dell’immaginabile.
“La bellezza della forma dello scrittore va ben oltre il contenuto.”
Il pensiero su citato, espresso in una delle sue ultime interviste, caratterizza la narrativa ammaliante e coinvolgente di Romana Petri.
Tornata con elegante puntualità in libreria con il suo ultimo romanzo, già nuovo caso editoriale.
La Rappresentazione, in uscita dallo scorso maggio (Mondadori editore), chiude, forse continua,
il “sequel portoghese”, intrigante viaggio nei meandri complicati dei legami umani più stretti e complicati.
Un percorso avviato nel 2008con Ovunque io sia (Beat editore), ripreso nel 2019 con
Pranzi di famiglia (Neri Pozza editore https://www.laltraribalta.it/2019/06/27/pranzi-di-famiglia-nei-meandri-dei-legami-familiari-lintrigante-esplorazione-di-romana-petri/), vincitore del premio The Bridge.
I legami di sangue, declinati nel concetto più ampio, ma non prescindibile della famiglia,
sono elementi centrali nella produzione letteraria della scrittrice romana (al secolo Romana Pezzetta) con ampi spazi lusitani di vita vissuta.
Lo scorso anno, funestato dalla piaga planetaria della pandemia da covid19, il mito di Jack London le ha riservato un importante riscontro editoriale (https://www.laltraribalta.it/2020/06/08/jack-london-figlio-del-lupo-lepopea-di-un-mito-esplorata-da-romana-petri/) con tante partecipazioni ai principali premi di narrativa nazionale.
Sul finire dello stesso orribile 2020 la tumultuosa ricerca della figura genitoriale paterna è mirabilmente palesata in Cuore di furia per i caratteri di Marsilio editore (https://www.laltraribalta.it/2021/05/06/un-padre-scrittore-lomaggio-di-romana-petri-a-giorgio-manganelli/.)
La capacità d’indagine introspettiva della Petri, abile in una raffinata spoliazione di tutte le convenzioni esteriori che intasano i sentimenti nobili e puri dell’animo umano, si supera puntualmente in questo suo ultimo romanzo.
La Rappresentazione riprende la trama della famiglia Dos Santos di Lisbona, consolidando le dinamiche complesse, intrise di sofferenze e ciniche visioni per nulla entusiasmanti.
Vasi non comunicanti d’interessi diversi.
Collegati all’occorrenza dalla vetusta autoritaria presenza del Capo famiglia Tiago.
Capace di coagulare aspettative diverse dei tre figli con le sue riunioni periodiche a Lisbona, grazie alla potenza magnetica della personale disponibilità di capitali.
L’altra famiglia è una semi costola della prima.
Con Vasco, figlio maschio, affrancatosi inizialmente dai lacci vischiosi del clan Dos Santos, grazie al fascino irresistibile (per un aspirante gallerista) di un’eccentrica pittrice italiana, Adriana Albertini. Una coppia con il volto genuino di un sodalizio d’amore.
Trasferitosi peraltro a Roma, nell’appartamento dell’artista, originaria di Perugia.
La famiglia smart, essenziale nella coppia italo portoghese, non contempla figli.
Se non la presenza inseparabile del fido Barabba.
Anziano cane, quanto amorevole e affidabile nel condividere gli alternanti stati d’animo della padrona, ovvero una mamma speciale per la sua unica viziata creatura.
Rivelatasi unico compagno inseparabile della Adriana.
Vera e decisiva protagonista in questo romanzo. Alle prese con un amore mistico per la pittura.
Incarnatasi in una personale scoperta della Santa Teresa, i cui ritratti costituiranno l’ascesa di un successo inaspettato e rapido nelle principali mostre internazionali.
Un costante processo virtuoso di maturazione artistica inversamente proporzionale all’involuzione sentimentale e psicologica di Vasco.
Incapace di condividere le gioie della moglie per il suo decollo professionale e la crescente notorietà enfatizzata dai media.
Incapace di elaborare un progetto di vita insieme alla sua consorte.
Coinvolto nel menage matrimoniale più da un’attrazione intellettuale e cervellotica.
Succube a vacui intenti d’improbabili sogni incompiuti.
Rispetto a gesti coerenti per mettersi realmente in gioco e ricambiare l’amore, fuori da rappresentazioni stereotipate dell’artista consorte.
Il deficit di una personalità autonoma e compiuta si estende a macchia d’olio nell’animo di Vasco, favorito da un crescente senso d‘inferiorità misto a invidia nei confronti di Adriana.
Un processo amplificato dall’accordo blindato, sancito a Lisbona dal padre “dinosauro” Tiago.
Da sempre intollerante alle stravaganze diaboliche della pittrice italiana, rea di aver offeso gravemente l’immagine dei Dos Santos con una mostra di tele, raffiguranti ritratti ritenuti lesivi dell’alto rango di famiglia.
Alleatosi con la figlia Joana, sorella gemella del “fragile mantenuto”, in grado di esercitare una potente influenza seduttrice, ai limiti di un’attrazione incestuosa.
La scrittura agile e fluida della Petri riesce a contestualizzare l’evoluzione (involuzione secondo le visuali di osservazione) delle relazioni sentimentali nella società contemporanea.
Liquide e repentinamente mutevoli rispetto alle ambientazioni algide e nostalgiche sul crepuscolo del Novecento.
Ben raffigurate con richiami ad altri autori amati dalla stessa scrittrice, le ambientazioni melanconiche, dense di rigido perbenismo.
Cormac McCarthy preconizza con una sua citazione, l’essenza della nostra autodeterminazione condivisa.
Atmosfere cristallizzate sulle sponde dell’Atlantico in una melassa di consuetudini quasi sempre ipocrite. Necessarie alle facciate di rappresentanza come le splendide case apparecchiate dal facoltoso dinosauro di turno.
I repentini cambi nei costumi con eventi inaspettati, frutto di una crescita emotiva e artistica, necessitano una duttilità attitudinale talvolta decisiva nell’impulso dei sensi, tipicamente femminile. Adriana è uno splendido archetipo narrativo.
Modellato con la cura amorevole del vasaio.
Un’eccellente artigiana di visioni e parole, la Petri, pronta a catturare le pulsioni neolatine e non solo di questo nuovo millennio.
La recente traduzione per la Spagna, dei suoi “Pranzi di famiglia”, da lei stessa annunciata via social e l’eloquente dimostrazione.
Un lieto fine, perché non esiste una fine rispetto all’esplorazione gioiosa del nostro passaggio terreno.
Come il grande cineasta, a tutti noi caro, pronta a dire e ricordarci: “Ricomincio da tre”.