“E tutto il mondo avrebbe ammirato la città che si arrampica su nove colli bianchi regalando dal mare la vista della basilica con la maestosa scalinata e poi, poco più avanti, il bastione imponente che dà accesso al quartiere fortificato brulicante di turisti lungo le strade strette che all’improvviso si aprono sulla grande piazza rettangolare con il duomo e la prefettura, già sede dei poco amati Savoia”.
Le amorevoli note che descrivono in una radiosa sintesi, la prima città metropolitana della Sardegna, esprimono una cifra saliente nell’ultimo romanzo noir, il secondo, scritto da Maria Francesca Chiappe.
“Ostaggio”, in uscita da alcune settimane, per i caratteri di Castelvecchi, è la felice conferma della scrittrice cagliaritana, autorevole firma giornalistica sarda con una vasta competenza giudiziarista, approdata naturalmente nella narrativa del romanzo giallo.
Riduttivo definire questa nuova uscita della Chiappe come la continuazione o un nuovo episodio rispetto al suo primo brillante esordio – Non è lei – , uscito il tredici gennaio del 2022 (https://www.laltraribalta.it/2022/02/25/diritto-di-cronaca-la-ricerca-della-verita-non-e-lei/)
Tornano in scena i due protagonisti: la giornalista cagliaritana Annalisa Medda con il capo della squadra mobile della polizia di Stato, Fernando Corallo, napoletano d’origine.
Diverso il contesto, in questo romanzo. Che segna un nuovo debutto per l’autrice, nella narrativa ffp2, se ci si consente questo conio letterale.
Nella primavera 2021, la Sardegna è l’unica regione in zona bianca, ma questa casualità, per la recrudescenza virale, si rivelerà ben presto illusoria.
In una tranquilla abitazione, prospiciente il suggestivo arenile del Poetto, una bimba di cinque anni piange disperata presso un’auto con gli sportelli aperti e la chiave inserita nel quadro.
La giovane, avvenente mamma, Susanna Coghe, moglie di un benestante professionista milanese, è scomparsa nel nulla.
Scatta il piano anti sequestri, nonostante questo odioso reato sia rimasto presente solo nelle memorie giudiziarie del secolo breve. Oltre che in quelle storiche da cineteca.
Al marito lombardo, un profilo di ampie e non irreprensibili proiezioni nella evoluzione della vicenda, arriva una richiesta milionaria. Quale riscatto per riavere restituita, la moglie alla sua famiglia.
Un termine, quest’ultimo, men che apparente – per usare un eufemismo – nell’immaginario dei due coniugi.
Abitualmente divisi dal mare durante la settimana e nel frangente anche dagli ignoti rapitori.
Al brancolare nel buio degli inquirenti che non escludono alcuna ipotesi investigativa,
avanza, in tutta la sua eleganza, il passo audace – tacco 12 – di Annalisa Medda.
Il suo talentuoso intuito nell’interpretare dettagli apparentemente secondari, nella sua febbrile attività d’inchiesta giornalistica, unita ad uno stile inconfondibile nell’accreditarsi agli uffici apicali degli organi inquirenti, tiene banco nell’evoluzione della trama.
Giunta alla classica svolta con il ritrovamento a Cala Fighera, la spiaggia dei nudisti, del cadavere dell’avvocata Cecilia Scano. Quest’ultima ingaggiata dal professionista milanese per gestire con i rapitori, il rilascio della moglie.
La narrazione, avvincente per la scrittura fluente, è forte in alcuni passaggi.
Stemperati da una spiccata femminilità delle protagoniste.
Raffigurate con una leggerezza mai banale nella resa del racconto.
Che agevola l’evidenza dei contenuti. Importanti e contemporanei, riportano i temi della finzione al contesto verosimile del nostro vissuto quotidiano.
L’autrice offre un discrimine eloquente dalle fragilità delle umane passioni, nella sfera dei rapporti privati e sentimentali di lunga durata. Rispetto alle irrefrenabili azioni dell’umano agire degenerate nei delitti più efferati e perversi.
La metafora dell’auspicabile consegna al lettore uno scenario del possibile.
Dove si consolida una “normale” sinergia delle attività inquirenti fra diversi corpi delle forze dell’ordine. Arricchite da affinità mediterranee intonate con lo splendido corredo paesaggistico locale.
Con la raffigurazione sobria, sopra le parti, dell’esponente togato della procura.
Senza trascurare il richiamo per l’urgenza, mai sopita, di una informazione corretta.
Coerente alla deontologia, richiesta ai professionisti del settore:
“L’intuito c’entra assai poco: Annalisa è una che lavora, si muove ma prima di fare qualsiasi cosa, si ferma e pensa, poi cerca, va sul posto e continua finché non trova. Ed è pure leale: lo ha dimostrato ancora una volta.”
Il congedo della Chiappe nei suoi ringraziamenti finali ci lascia con l’attesa dovuta alle romanziere pregiate.
Buona lettura.