Se le premesse riscontrate sui social non presagivano accoglienze trionfali col tappeto rosso nella “sua” Sardegna, il ritorno del Grillo parlante è stato l’ennesimo coup de théâtre vincente.
Nella cifra di una lunghissima quanto discussa carriera artistica e non solo.
Si presenta sulla ribalta del Teatro Verdi un quarto d’ora dopo l’orario previsto, nel mentre la platea si è riempita, non completamente, ma anche questo è previsto nello show.
Io sono un altro, prende il via, mercoledì 10 aprile a Sassari, dopo la prima uscita sarda a Cagliari, lunedì sera al teatro Massimo. Entrambigli spettacoli sono allestiti da Sardegna Concerti.
La sua voce preannuncia l’entrata: “c’è gente? Qualcuno è arrivato. Io faccio solo sold in per la vostra sicurezza” (nessuno mai si sognerebbe di fare un attentato in un teatro semi vuoto ndr). Parte lo scroscio d’applausi.
Beppe Grillo, avanza sulla ribalta con una maschera nera che ricorda un Pulcinella piuttosto malmesso.
“Chi sono io? Siete caduti nella trappola. Siete voi i grilli. Dovrebbe essere tutto diverso. Forse qualcosa cambierà su questa isola con la giunta con il cinquanta per cento delle donne…”
Con la prima allusione allo stato sociale locale, lo straordinario satrapo prende il largo nel fiume di un incessante monologo.
Senza apparente scaletta, secondo le esternazioni dell’attore. Consumatesi in circa due ore di animata discussione evocando i temi contemporanei di ogni epoca.
Attraversata con il furore visionario che lo ha reso un fenomeno.
La scenografia è praticamente assente, azzerata.
Ridotta alla presenza di una bottiglietta d’acqua (il richiamo al bene primario comune è prioritario) sospesa nel vuoto, alla quale periodicamente si avvicina per dissetarsi.
Beppe Grillo è invecchiato. A dispetto della sua età, invecchia bene. Lo dimostra la forma psicofisica e soprattutto la tenuta in ribalta: una macchina da guerra.
Nella parodia del paradosso che regola tutto lo show e in generale tutto il suo pensiero, l’incipit del suo “discorso a braccio” non subordinato al copione (la burla sovrana), parte proprio dall’autodenuncia del suo decadimento fisico.
Una sfilza di acciacchi della terza età: dalla cataratta all’insonnia, passando per la prostata e le tensioni relazionali domestiche dell’avanzata senile. Spunti utili a visionare il panorama locale e nazionale sulla preminenza della terza età.
La demografia italiana che nel breve vedrà i quindicenni soccombere rispetto ai sessantacinquenni.
Supportato nelle iterazioni ilari con il pubblico, in particolare con un giovane spettatore nel parterre, divenuto spalla, suo malgrado, per una fantasiosa somiglianza con un improbabile giapponese della fabula.
Grillo avanza con i temi storici, riveduti e corretti nella fase contingente: le rinnovabili con l’eolico e le speculazioni sull’idrogeno.
Iperboli non fantasiose che rimandano ai padri del pensiero economico contemporaneo non sempre considerati, quando non avversati dalla comunità scientifica di riferimento: Joseph Stiglitz e Serge Latouche su tutti.
Pungolato, non abbastanza dal pubblico, sul dibattito politico in corso, Grillo si rifà alla posa pirandelliana che lo vorrebbe una persona diversa.
Una sorta di presa di distanza dalla poco descrivibile situazione globale odierna.
Nella quale rivendica in pieno i suoi contributi.
In Sardegna per le lotte sociali di vent’anni fa, combattute nel sassarese a fianco di Gavino Sale.
Nella penisola con azioni epocali nel quadro politico nazionale con il “reddito di cittadinanza” antipasto di un ventilato “reddito universale incondizionato”.
Scuola di pensiero che avanza delle politiche sociali di molti paesi non solo occidentali.
“Ci avvitiamo nel presente. Siamo fermi dalla troppa velocità.”
Sul dibattito politico corrente si iscrive alla schiera dei “criminali sociali” riferendosi ai poveracci che girano in bici e non consumano. Nello stesso girone dei dannati include, va da sé, anche i difensori del famigerato “super bonus edilizio”.
Anche i temi etici, il ruolo della Chiesa e dello stesso Dio, entrano nei discorsi del Grillo. Intrisi di sarcasmo e posture sceniche a favore della risata fragorosa della platea o degli applausi che lo fanno rifiatare.
Sulla dipendenza della tecnologia con l’avvento della intelligenza artificiale e le relazioni sociali “ai tempi dell’algoritmo”, il sommo postulatore che brandisce uno smartphone, cala l’asso della serata, in barba a tutta la retorica sulla protezione dei dati personali, usati e detenuti da tutti i “big data” del web.
Chiama all’appello una spettatrice presente in galleria, mai conosciuta prima, che ha postato una foto del comico, appena entrato in scena, su uno dei social più diffusi.
La signora Antonella C. risponde sorpresa dalla galleria. Illuminata dall’occhio di bue, conferma, tutta la sua biografia essenziale – con tanto di rapporti parentali e attitudini nel suo stile di vita – letta in diretta su un report approntato in tempo reale.
A suffragio delle tesi del visionario sul palco.
Nel frullato di uscite e gag non può risparmiare la chiamata di alcuni esponenti politici apicali nazionali, evidenti avversari – per usare un eufemismo – .
E’ stupefacente la dedica per Carlo Calenda, figlio e nipote d’arte, che già da bambino “faceva casini” sui set del nonno, grande regista, Luigi Comencini.
La menzione della serata rimane quella per “il nostro più grande politico…per il quale non porto risentimento… – altra sospetta burla – Luigi Di Maio, sistematosi benissimo, in un barile di petrolio. Dal quale esce ogni tanto quando cala un po’ il prezzo del greggio…”
C’è anche l’angolo dell’amarcord dedicato a un suo grande concittadino genovese che tanto ha dato anche all’isola: l’amato Faber. Omaggiato insieme al figlio, Cristiano De André, presente anche lui in platea.
Sono passate le ventitré, Beppe è circondato nel bagno affettuoso di abbracci e selfie.
Probabilmente non sarà ricordato ai posteri con l’emissione commemorativa di un francobollo, ma gli potranno essere rimessi alcuni dei suoi indimenticabili vaffa.
Il dissacrante giullare c’è e batte forte.