“Ma l’attenzione è una piuma nascosta: prende a volteggiare nella mente quando meno te lo aspetti, e da lì in poi, il volo di quella piuma non puoi seguirlo”.
Il passaggio stralciato alla pagina cento trentanove del libro (che ne conta duecentoventi) rende una metafora verosimile insediatasi stabilmente nei mutamenti delle stagioni, dei costumi sociali della nostra vita.
Lisa Ginzburg aggiorna con il suo acume laico e lo sguardo attento, la consistenza delle relazioni sentimentali che emergono nella società contemporanea.
Il suo ultimo romanzo, il primo pubblicato per Rizzoli, in uscita dallo scorso ottobre, è Una piuma nascosta.
L’esplorazione nella genesi degli amori è attraversata con una propedeutica narrativa coerente all’evoluzione della famiglia. Un concetto elaborato nell’accezione più inclusiva del termine. Che riprende in una chiave più aderente alla precarietà della società attuale, i temi sviluppati in Cara Pace (https://www.laltraribalta.it/2023/04/14/cara-pace-laltra-famiglia-oltre-i-sentimenti-e-le-convenzioni-lisa-ginzburg-leleganza-lieve-della-letteratura-negli-intimi-affetti/ ).
La vicenda muove le trame in una suggestiva residenza toscana, alla Quercetana.
Nella fin troppo tranquilla dimora rurale, non lontana da Firenze, si estende la proprietà che ospita i due nuclei familiari coprotagonisti nella storia.
I primi, i coniugi Manera, facoltosi proprietari della villa hanno ingaggiato alle loro dipendenze una giovane coppia, Mario e Paola Ossoni.
Lui, operaio alla ThyssenKrupp, la moglie, casalinga con l’unica figlioletta Rosa, colgono nella nuova opportunità lavorativa offerta dalla elegante signora Enrica, una scelta di campo per una nuovo stile di vita da non perdere.
Il comodato d’uso di una abitazione più adeguata alla crescita di Rosa, il valore aggiunto, nonostante una vita sociale, decisamente ridotta, quanto non azzerata, rispetto alla precedente routine cittadina.
Nel differente ceto sociale delle due famiglie che abitano la Quercetana risalta la mancata genitorialità dei coniugi Manera, impossibilitati ad avere figli.
Un’assenza pesante, in particolar modo per Enrica, moglie dell’avvocato Giovanni Manera.
Un vuoto colmato quando Rosa ormai undicenne, dopo una prolungata assenza di Enrica e Giovanni, scorge il loro rientro col nuovo arrivato Tan.
Il bambino, suo coetaneo, di origine moldava è il figlio adottato.
Le sue sembianze disorientate emanano umori respingenti e dissociati. In un contesto a lui sconosciuto e diffidente dove solo lo scintillante sguardo, esteso dal colore blu dei suoi occhi, esercita un’attrazione magnetica.
L’entrata di Tan alla Quercetana segna uno spartiacque nella vicenda.
Così come nella diversità dell’approccio dei neo genitori ad una sofferta, ostinata integrazione dell’ospite, figlio cercato, desiderato.
Nel luogo sospeso nel tempo, protetto dalla Natura che sigilla ogni sentimento di umana fattezza, crescono le vite dei due ragazzi: Tan il figlio adottivo dei proprietari, Rosa la figlia dei custodi.
La renitenza all’inclusione in un ambiente inedito e rigettato da Tan, la sua postura distonica, presagio d’inevitabili derive violente, saranno il vulnus non previsto. Un punto di non ritorno nel nuovo nucleo familiare ipotizzato dai genitori adottivi. Una tessera squadrata capace di scompaginare, in via non reversibile, un mosaico ipotetico di un provinciale felice quadretto familiare.
Con queste due diverse rappresentazioni Lisa Ginzburg conduce un percorso denso di fatti. Imprevedibili. Dove l’incognita del dolore non è scontata dagli agi del tenore economico per i genitori adottivi di Tan.
Dove il rigore del sacrificio quotidiano con la longevità matrimoniale non sovrappongono l’affetto del focolare domestico ad una felicità solo inseguita per i genitori di Rosa.
Con la sua scrittura piena di visioni ed emozioni, Ginzburg illumina le stagioni della vita. Consegnando al lettore un senso compiuto nei luoghi dell’amore.
Che ancora governa, nella società liquida e, disintermediata dal consumo virtuale, la vita degli esseri umani.
Senza, per questo, sdoganare alcuna visione di famiglia. Piuttosto offrendone una narrazione colma di attenzione per la realtà che ci accompagna nella vita.
Una tavolozza di pensieri e parole completa di tutti i colori. Non sempre chiari e sgargianti.