“L’odio è un veleno servito in tre bicchieri. Il primo è quello di quando si disprezza chi si desidera, perché lo si vuole possedere. E’ fatto di superbia. Il secondo: quando si detesta ciò che non si capisce. E’ fatto di paura. E poi c’è il terzo bicchiere, quando si odiano coloro a cui si è fatto del male.”
Questo passaggio è stralciato da un dialogo (alla pagina 57 del libro che ne conta 540) fra la saggia Besma e la nipotina di nove anni, Narin, entrambe appartenenti alla comunità yazida,
una fra le più antiche nei popoli del Levante
La vicenda che le vede protagoniste risale al 2014, quando la peculiarità del loro culto religioso, sottoposto a contrapposte leggende della originaria Mesopotamia, le espone ad uno dei più efferati genocidi della storia moderna. Brutali massacri perpetuati nelle zone tra Iraq e Siria per mano dell’organizzazione terroristica paramilitare nominatasi “Stato Islamico”. Tragicamente nota in tutto l’Occidente con gli acronimi: IS/ISIS/Daesh.
La storia è al centro di altre due che viaggiano in epoche diverse, strutturalmente connesse da una umanità contrapposta. Nata, amata e odiata dalla forza sorgiva e imprescindibile dell’elemento naturale primordiale.
“I ricordi dell’acqua”, l’ultimo romanzo di Elif Shafak (www.elifshafak.com), edito in Italia dallo scorso agosto per i caratteri di Rizzoli editore, unisce la storia di una poesia perduta. In un immaginifico incontro di due grandi fiumi con l’epopea di tre vite straordinarie. Tutte unite da un’unica goccia d’acqua.
“Devo dire che lo credevo meglio, uno passato alla storia per aver creato un’immensa biblioteca. Non sei la sola, anzi. Ma è un utile promemoria, il fatto che si possa essere colti, raffinati, generosi e distinti, e commettere lo stesso atrocità clamorose”
Il passaggio riportato dalla pagina 408 del libro è tratto da un dialogo nell’ultima fase temporale vissuta nel romanzo. A Londra, nel 2018 Zaleekhah, idrologa con un vissuto personale complicato, reduce da un matrimonio infranto, stabilisce la sua nuova dimora in una casa galleggiante sul Tamigi. Un nuovo legame inaspettato con una giovane donna, Nen, è capace di cambiare la prospettiva di vita.
“Nen la guarda negli occhi. Si può crescere in una famiglia amorevole e avere problemi comunque.”
Nella stessa Londra vittoriana, in un bambino nato in una povertà estrema, si fa luce la sua straordinaria memoria, unità ad una curiosità estrema per i reperti e i codici dell’antica Mesopotamia. Il talento di Arthur, la sua forsennata determinazione di studiare e aiutare l’indigente famiglia, aggravata da un padre violento e tiranno, gli valgono un posto come apprendista presso una tipografia. Il suo mondo si apre su orizzonti inediti con un libro che gli stravolgerà la vita. Rendendolo un esploratore oltre i mari. Viaggi e traversie avvincenti sino alla meta della sua vita: Ninive e i suoi resti.
Questo romanzo dal respiro universale coglie nell’acqua un elemento primario di vita e distruzione. Un vettore naturale capace di unire i popoli lontani con le relazioni di guerra e pace che si susseguono dalle origini dell’Umanità.
La scrittura della pluripremiata autrice turco-britannica è un potente fluttuare di eventi e luoghi di stridente contrasto. Popolati da personaggi di fantasia, ispirati da figure storiche realmente esistite. Protagoniste di civiltà millenarie orientali, spesso ignorate, loro malgrado, dal resto della comunità occidentale.
L’alternarsi dei diversi scenari, descritti con una prosa intrisa di ipnotica poesia e coinvolgente ardore, svela con realistico disincanto i fallimenti di un precostituito ordine geopolitico del Novecento. Fondato sui miti di un autoreferenziale dominio delle civiltà occidentali. Drammaticamente sgretolatosi sul calare del secolo breve.
L’appendice conclusiva del libro include una nota per il lettore e i ringraziamenti della scrittrice. Un saggio che testimonia scientificamente la dedizione storiografica di Elif Shafak nell’illuminare i processi di persecuzione sofferti da antiche comunità discendenti dalle origini assire e mesopotamiche.
“Il genocidio del 2014 si è invece consumato davanti agli occhi del mondo. Il genocidio degli yazidi in tutto il suo orrore e la sua ferocia, non è ancora finito.”
La capacità di Shafak di immedesimare la vita del lettore con le trame del suo romanzo ci connette a esperienze più dirette e vicine alla nostra storia recente.
Con il grido soffocato di dolore, permeato in alcune pagine, risuonano le note struggenti più europee agli albori di Maastricht: “Io credo che il dolore È il dolore che ci cambierà” – recita Henna, la preghiera laica di Lucio Dalla nel 1993.
La prosa di Elif Shafak è un bagliore di luce candida sulla nostra storia contemporanea. Inscindibile dalla storia che pensavamo di conoscere. Leggere questo libro è un atto di amore per la nostra capacità di pensare e vivere con un anelito di libertà. Un bene ancora prezioso in questi nostri giorni.