Volge al finale la rassegna Jazz Club Network, organizzata in Sardegna da Cedac.
La manifestazione che ha unito le principali location sarde accompagnandoci alla bella stagione nelle sonorità internazionali del jazz, vedrà impegnate nei prossimi due fine settimana di maggio, altrettante formazioni di pregio nei due storici club house musicali che insieme con altri locali ospitano le tappe festivaliere.
Così il prossimo undici maggio al Poco Loco di Alghero (con la replica della sera successiva la Jazzino di Cagliari) saranno in scena quattro assi della musica mondiale contemporanea.
Dopo la splendida riunione dello scorso primo maggio fra il sassofonista inglese Tony Kofi e il trio diretto dal contrabbassista Larry Bartley, una nuova originale collaborazione.
unirà uno straordinario quartetto. Sul palco, insieme a Craig Taborn (classe 1970) originario di Minneapolis (affermatosi sulla ribalta internazionale in applaudite performance accanto al sassofonista di Detroit James Carter, alla compositrice e percussionista Susie Ibarra, al sassofonista e produttore Tim Berne e al contrabbassista Dave Holland) – tre musicisti di tutto rispetto quali Chris Speed al sax tenore e clarinetto, Chris Lightcap al contrabbasso e David King (cofondatore di The Bad Plus e Happy Apple) dietro piatti e tamburi, per disegnare un suggestivo itinerario sonoro in cui si riconoscono la cifra di Taborn, una scrittura ricca di variazioni con un’architettura quasi modulare, tra rigore e libertà d’invenzione.
L’ufficio stampa Cedac di Cagliari nella puntuale nota di Anna Brotzu ci ricorda che:
“Il viaggio sulle tracce di “Daylight Ghosts” – terzo album a firma di Craig Taborn per la prestigiosa etichetta ECM, quasi a suggellare, in un ideale crescendo, l’ideale trilogia iniziata nel 2011 con “Avenging Angel” in solo e proseguita nel 2013 con “Chants” (in trio con il bassista Thomas Morgan e il batterista Gerald Cleaver), con la nuova formazione in quartetto, plasmata e consolidata in tour e in sala d’incisione intorno a chiare e inedite idee musicali, seducenti e ipnotiche, immerse in un’atmosfera vagamente e volutamente “spettrale”.
Tra le segrete inquietudini di “The Shining One” e la sorprendente “Abandoned Reminder”, tenera e suadente all’inizio poi travolgente, affiorano gli accenti surreali di “Daylight Ghosts” e ancora l’avvincente “New Glory” per un concept album che privilegia la dimensione dell’indicibile e dell’inafferrabile. Fin nei titoli – “The Great Silence”, “Phantom Radio”, “Subtle Living Equations” – i riferimenti al mondo degli spiriti, tra toni crepuscolari e sospensioni di tempo, sono inequivocabili, ma si fondono perfettamente a una qualità “futuristica”, con un ricorso tutt’altro che casuale all’elettronica. Perfino l’enigmatica “Ancient”, con un battito iniziale che si muta in delirio contrappuntistico, sembra riflettere la ricchezza e pluralità di segni di una narrazione mai lineare, intricata e spesso sorprendente, un’antologia di brani originali impreziosita da una “cover” di “Jamaican Farewell” di Roscoe Mitchell, dall’archivio della memoria della Note Factory in cui si sono incrociati i percorsi di Craig Taborn e Matthew Shipp.
“Daylight Ghosts” suona come un’altra conferma del talento di Craig Taborn per il pianoforte, fulcro di una struttura solida e rigorosa pensata secondo canoni “classici” ma per un’interpretazione jazzistica, quindi aperta all’improvvisazione: un fluire ordinato di note in cui lo strumento a tastiera dialoga e interagisce con gli altri elementi del quartetto, secondo una trama ben conosciuta ma suscettibile di variazioni, tra cellule temi e ritmiche reiterate e l’incalzare inarrestabile delle percussioni. In un certo senso un’altra declinazione – nella versione per quartetto con la presenza espressiva del sax – delle “avventure al pianoforte con cast di supporto” ipotizzate da Taborn alla base di “Chants”.
In un perfetto equilibrio tra le parti, il Craig Taborn Heroics Quartet crea sulla falsariga di “Daylight Ghosts” un universo rarefatto e prezioso, un paesaggio onirico e cangiante, un ammaliante labirinto di sensazioni tra incanto e metriche dirompenti, tra energia rock e poesia.“