“Certe volte il male sembra costruire un legame più potente del bene. E allora ti lega l’odio più dell’amore, in un modo che diventa impossibile spezzare. Se non con la morte.”
Il passaggio stralciato nella parte finale del romanzo, illumina un tratto oscuro quanto ricorrente, sin dalle origini dell’Umanità.
Una tendenza deviata nelle relazioni affettive. Tristemente degenerate in un fenomeno devastante della società contemporanea.
Una mirabile ambientazione nel coniugare spazi temporali distanti oltre due secoli, nelle trame di una comune ribalta narrativa.
Vissuta in uno dei luoghi di particolare valenza storica. Densa di afflizione e sofferenza in un anfratto esoterico del ventre di Napoli. Uno sfondo crudo dove si muovono i protagonisti dell’ultimo romanzo storico – attributo opportuno – scritto da Francesca G. Marone. In libreria dallo scorso dieci aprile con “La Pentite. Sarò per te veleno e cura”, edito per i caratteri di Les Flanuers.
La scrittura coinvolgente della Marone sembra anticipare con analogo impatto emotivo nella presa del lettore, vicende di efferata realtà contemporanea, consumatesi nelle cronache recenti dei nostri ultimi giorni.
La coppia di protagoniste, Federica e Maria, sovrappongono la loro personale vicenda a quella vissuta, nelle stesse ambientazioni nella metà del Settecento, da Elisa e Albina, segregate nei luoghi di vessazioni e umiliazioni del nosocomio degli Incurabili.
Condannate in un girone dantesco. Dove l’espiazione di una colpa patologizzata – in un amore dissacrante non tollerabile – è assicurata dal presidio tiranno del Mastrogiorgio
Alter ego precursore di un altro carnefice, Armando, noto Lupo, dai canonici tratti narcisisti del manipolatore.
Forte di una spietata abilità nel soggiogare per lungo, inesorabile tempo, la coppia delle protagoniste, giovanissime vittime, in un legame tossico e triangolare.
Federica rincontrerà casualmente Maria, in età adulta con un matrimonio incolore. Dopo aver ricevuto, da esperta di storia dell’arte, un incarico dall’Università per una ricerca da condurre proprio presso l’epicentro della storia, l’ospedale degli Incurabili
Nello stesso ospedale, il più antico di Napoli, concluderà la sua lunga carriera, Giuseppe Mosca, medico di straordinarie doti umane. Il travagliato percorso di Giuseppe è tracciato in tutto il romanzo come un raggio di sole che taglia nubi nere di cieli uggiosi.
Il suo richiamo rifulge il profilo del medico Giuseppe Moscati, uno fra i santi più amati e venerati nella devozione partenopea.
In una pregiata tecnica narrativa, espressa nell’alternanza temporale di lontane epoche storiche, l’autrice integra con stile arguto, gli strumenti d’indagine della sua professione.
Applicando gli stessi nelle visioni contrapposte fra sentimenti e fragilità umane.
Il “veleno” dei legami tossici è farcito di attrazioni fatali, banalmente stereotipati nella società degli slogan fugaci con improbabili ossimori tipo “amori criminali”.
La “cura” s’impone e avanza con inedite scoperte di vero e trasparente amore.
Capace di sdoganare convenzioni e regole sui termini che ruotano intorno alle relazioni affettive. Condizionandone la naturale rappresentazione.
Marone descrive questi processi – geni guastatori nel dibattito contemporaneo – alimentati spesso per fini strumentali, con una cifra laica e sobria.
Attenta nel circoscrivere fatti e visioni inquietanti con un garbo minuzioso e delicato.
Lasciando alla sensibilità del lettore ogni diversa conclusione, sicuramente consistente nei contenuti.
Arricchiti nella bellezza pregnante di una Napoli mai completamente svelata.