“Il saluto del cuore è per il popolo di Dio, riunito per il nostro Vescovo Gianfranco…”.
L’incipit della solenne liturgia eucaristica celebratasi domenica ventuno ottobre nella Cattedrale di San Nicola a Sassari risiede nel saluto di Mons. Emil Paul Tscherrig, Nunzio Apostolico in Italia. Il presule settantenne originario di Unterems (Cantone Vallese della Svizzera), primo non italiano dalla Costituzione dei Patti Lateranensi, a ricoprire gli uffici diplomatici della Santa Sede presso lo Stato di San Marino e lo Stato Italiano dallo scorso agosto 2017, ha imposto sulle spalle del Vescovo Gian Franco Saba, il Pallio, consegnato allo stesso neo Pastore della Chiesa Turritana, lo scorso ventinove giugno a Roma dalle mani di Papa Francesco, durante la celebrazione romana dedicata ai Santi Pietro e Paolo. In quella festività furono quattro i vescovi italiani a ricevere l’antica stola di lana bianca dal Santo Padre. Al rito con il Pontefice aveva concelebrato anche Mons. Angelo Becciu di fresca nomina cardinalizia.
E’ la prima volta che l’imposizione del Pallio avviene in Sardegna, dopo la riforma di questo rito nel 2014, voluta dallo stesso Bergoglio, nel completare l’investitura della podestà della Chiesa di Roma presso la diocesi di giurisdizione guidata dal nuovo Pastore insieme alla comunità dei fedeli.
Nella solenne cerimonia partecipata dalle rappresentanze di tutto il clero (sacerdoti, diaconi, religiosi e suore) provenienti dalla provincia ecclesiastica, hanno concelebrato la liturgia eucaristica i Vescovi delle diocesi suffraganee: Mons. Mauro Maria Morfino (diocesi di Alghero Bosa), Mons. Sebastiano Sanguinetti (diocesi di Tempio Ampurias) e Mons. Corrado Melis (diocesi di Ozieri).
Durante l’omelia Mons. Tscherrig ha posto l’attenzione sul significato e l’essenza insiti nel Pallio. Una banda di lana bianca ornata con delle croci nere. Il presule ha ricordato l’origine del paramento proveniente dai due agnelli, allevati dai monaci trappisti dell’Abbazia delle Tre Fontane a Roma, la cui lana è destinata nell’anno successivo alla realizzazione dei Pallii. Benedetti (dal 1644 dall’Abate Generale dei Canonici Regolari presso il complesso monumentale di sant’Agnese fuori le mura) nel giorno dedicato alla sant’Agnese, il ventuno gennaio, sono condotti al Palazzo Apostolico dopo essere stati cuciti dalle suore di clausura del convento di Santa Cecilia in Trastevere.
Un rito antichissimo che richiama il giogo caricato sulle spalle di Cristo.
“Quel giogo siamo noi” – ha affermato il Nunzio Apostolico, ricordando: “Ora il Santo Padre Francesco ha disposto che la stessa insegna liturgica sia imposta dal Nunzio Apostolico nella sede dell’Arcivescovo Metropolita con la provincia ecclesiale. Il Santo Padre suggella l’intima comunione fra il Papa e i Vescovi come gli Apostoli di Cristo. Il Vescovo è chiamato con il Pallio a porre sulle proprie spalle il Popolo di Dio. Il fratello maggiore che prende l’iniziativa per la conversione come nelle prime comunità cristiane.”
Nell’approfondimento della parola proclamata, riferendosi al brano tratto dall’evangelista Marco, collegato al testo del profeta Isaia, Mons. Tscherrig ha ricordato l’esigenza di un ministero posto al servizio di Dio. Prerogativa di coloro che compiono la volontà di Dio ponendo la propria vita in riscatto di tutti come ha fatto Cristo.
Su questa traccia riferendosi alla scarsa comprensione dei discepoli e dei “figli di Zebedeo sino a noi”, inquinati dallo spirito di mondanità, nel potere dei più forti, deciso è risuonato l’invito a respingere quella “Mondanità Spirituale”, stigmatizzata più volte dallo stesso Papa Francesco.
L’evangelizzazione richiesta deve essere aperta all’ascolto di chi si rivolge alla Chiesa superando l’elitarismo clericale legato a norme rigide del passato che hanno sovente ingabbiato l’azione dello Spirito.
Apertura e dialogo interculturale incontrano perciò i favori nel recente avvio a Sassari della Fondazione Accademica dei Popoli, iniziativa benedetta nelle parole di sostegno del delegato pontificio.
Prima d’impartire la solenne benedizione, nel congedare l’assemblea Mons. Saba ha pronunciato un affettuoso saluto di ringraziamento. Ispirandosi al “bellissimo crocifisso ligneo venerato nella chiesa di Sant’Apollinare al centro storico di Sassari”, l’Arcivescovo Metropolita ha auspicato un “nuovo Umanesimo, tappa di ricostruzione della città.”.
Appellando i Santi Padri della Chiesa: San Ireneo, Sant’Agostino, San Giovanni Crisostomo, Mons. Saba ha impegnato la propria missione unitamente ad ogni fedele della comunità, chiamato nel proprio ruolo al servizio della società pubblica, a “scoprire la parentela con Dio, l’amicizia con gli uomini, con tutta la realtà del Creato.”.
Una carovana solidale in un mistico pellegrinaggio che realizzi nel quotidiano “la Mistica del vivere insieme”, espressione sempre cara a Papa Francesco. C’è anche spazio per una nota di auto ironia quando il Vescovo ricorda le origini storiche dell’edificio che ospita l’attuale dimora sassarese: “…nel 1500 una parte dell’attuale casa del Vescovo era l’ospedale. Questo ricorda che anche il Vescovo ha bisogno di cure nella casa che accoglie e ispira fiducia.”.
Nella lunga schiera di rappresentanti istituzionali e militari salutati nella conclusione, un’affettuosa citazione è riservata ai genitori originari di Buddusò (“con mio padre che si gode la vecchiaia con i suoi novantatré anni…” – giù applausi), al prezioso collaboratore in diocesi Mons. Mario Simula, al primo cittadino di Sant’Antonio di Gallura, a un sacerdote concelebrante, rappresentante le Missioni Estere dell’India.
Un pensiero non casuale quest’ultimo considerando la speciale vocazione missionaria di Sassari ricordata nella penultima domenica di ottobre, giornata mondiale delle missioni e, scherzo gioioso dello Spirito Santo, venticinquesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale dello stesso Arcivescovo Saba. Gli auspici sono i migliori.