"Nu pianefforte 'e notte sona luntanamente, e 'a museca se sente pe ll'aria suspirà."

Salvatore Di Giacomo

Isola, la nostalgia nei fiordi.

Isola, la nostalgia nei fiordi.

Un romanzo di formazione che ripercorre la vita di una famiglia europea del profondo nord dove i protagonisti assumono forme immateriali, essenze interiori e rappresentazioni di ambienti naturali da sogno. Visioni e toni che nelle impressioni di lettori d’eccezione rivelano una narrazione inedita, raccontata da fiordi, ricordi d’infanzia, colorati dai vapori dei battelli, vettori indispensabili per connettere il mondo moderno della civiltà alla quiete atavica di un’isola, un’Itaca dell’anima circondata da un arcipelago di altrettante stazioni di solitudini e aspirazioni. Dove il rimpianto del tempo trascorso caratterizza una solidale unione d’intenti fra generazioni apparentemente diverse, riunite dal volo migratorio dei gabbiani e dalla forza centripeta di mirabile attrazione al ritorno sui luoghi delle radici identitarie.

Un vero e proprio canto d’amore per la sua terra natia, quello realizzato da Siri Ranva Hjelm Jacobsen, autrice danese classe 1971, al suo primo romanzo con Isola, in libreria dallo scorso sette febbraio per i tipi di Iperborea.  Cresciuta in Danimarca, la Jacobsen è nata in una famiglia originaria delle isole Faroe. Questa circostanza è il vulnus in questo suo primo libro, maturato dopo gli studi umanistici e un percorso avviato nella scrittura con la collaborazione a diverse testate e quotidiani. Isola è un libro che racchiude già nel titolo un luogo complesso e intrigante per natura.

Seguendo un solco chiaramente autobiografico, l’autrice instaura una voce narrante poetica che da subito la colloca in una selezionata schiera di autori del nord Europa: da William Heinesen sino a Jon Fosse e Jon Kalman Stefànsson. La trama si snoda nella ricerca a ritroso nel tempo di una giovane ragazza danese che ha sempre saputo di un’isola verde delle Faroe. Un luogo impervio e familiare chiamato “casa” che non ha mai conosciuto, che diede i natali alla sua famiglia di origine, emigrata negli anni Trenta in continente. Comincia con questo impeto la ricerca nel suo viaggio di ritorno a Suouroy, dove vissero i suoi nonni: Fritz, il pescatore dell’Artico e Marita, giovane sognatrice irrequieta.  Lo scorrere delle pagine alterna in sequenza un paragrafo dedicato alle vicende antiche con i nonni ricordati con i teneri vezzeggiativi “Omma” e “Abbi” e il successivo al vissuto contemporaneo della vacanza con i genitori in quei luoghi inesplorati. Dove le asperità dello scenario ambientale contaminano i ricordi di memorie autoctone e legami di sangue con altri aneddoti, spesso confusi fra leggende e segreti indicibili, corrispondenze amorose e trasgressive.

Si staglia in un graduale orizzonte un affresco d’immagini: stati d’animo che rilanciano temi decisivi come le ricadute introspettive dell’emigrazione, il fascino incognito dell’insularità, la ricerca catartica della conciliazione con la propria identità culturale e affettiva.

Il romanzo che ha debuttato in Italia con la presenza dell’autrice al festival letterario I Boreali 2018, lo scorso ventitré febbraio a Milano, si avvale della traduzione dalla lingua madre danese di Maria Valeria d’Avino.

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Il vecchio che avanza. Peter Gomez sul voto del 4 marzo

Il vecchio che avanza. Peter Gomez sul voto del 4 marzo

A giochi fatti, sembra che fosse tutto scontato e in parte lo era. Rileggere alcune note nel pamphlet di Peter Gomez, Il vecchio che avanza, in uscita lo scorso febbraio per i tipi di Chiarelettere, mentre scorre in diretta il primo responso dall’urna della Camera dei neo Deputati, riunitisi per il primo scrutinio che dovrebbeLeggi di più a riguardoIl vecchio che avanza. Peter Gomez sul voto del 4 marzo[…]

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The Truman Boss, una storia italiana.

The Truman Boss, una storia italiana.

 

“La lentezza della giustizia non fa che agevolare chi sbaglia, mai chi subisce un torto”. 

La chiosa amara, per usare un eufemismo, di Vincenzo Balli chiudeva una sua intervista rilasciata al cronista Matteo Scirè (ilsicilia.it), nello scorso giugno in occasione dell’uscita in libreria del suo primo libro.

“The Truman Boss” (Castelvecchi editore) scritta insieme al giornalista scrittore Giuseppe Lo Bianco, narra una vicenda realmente accaduta a Palermo nei primi anni del nuovo millennio.

Protagonista, lo stesso autore insieme alla sua famiglia, la moglie Patrizia, con la figlioletta Lucrezia di tre anni all’epoca dei fatti.

“Per raccontarvi questa storia non bastano le righe di un libro. Non arrivano a restituire la tensione, l’ansia, la paura, il continuo scorrere di adrenalina che hanno vissuto i protagonisti per due anni e mezzo, immersi in un sistema di protezione antimafia nella Sicilia di Totò Cuffaro.”

L’incipit della prima pagina, curata da Giuseppe Lo Bianco (autore anche del prologo al testo di Balli e dell’intervista finale allo stesso autore protagonista), chiarisce da subito il senso di una vicenda talmente ampia e grave da rendere necessari ulteriori e numerose occasioni d’incontro e approfondimenti sul tema.

Tale premessa appare irrinunciabile per comprendere l’atteggiamento contemporaneo quasi “ostinato” di Balli nelpromuovere questo libro in ogni luogo d’Italia (sarà presentato anche al prossimo salone del libro a Torino) non per la mera soddisfazione delle copie vendute rispetto ad un esordio editoriale, quanto per il risvolto culturale che il caso reale comporta. Determinante per le giovani generazioni italiane e non solo.

La trama parte con l’incontro di Agrigento intorno al 2003 fra Vincenzo Balli, organizzatore di eventi di spettacolo con il giovane Mario Musotto, introdotto da una terza persona, Mario Grotta, addetto ai lavori.

Fra Balli e Musotto s’instaura un rapporto di amicizia e dopo le verifiche effettuate circa referenze e posizioni bancarie, Vincenzo avvia un sodalizio commerciale per la gestione delle biglietterie elettroniche degli spettacoli in Sicilia. Musotto ha nei suoi trascorsi prestato servizio nell’arma dei carabinieri, dove da “agente infiltrato” è stato determinante per la cattura di pericolosi boss mafiosi. Quest’ultimi, per le non infrequenti dinamiche processuali, non tardano a riottenere la libertà, determinati ad attuare una feroce vendetta mortale nei confronti del loro “traditore”.

Le prime minacce subite dal Musotto sono condivise con Vincenzo che non esita a sostenere l’amico socio accogliendolo in casa con la piena solidarietà di Patrizia. Da questo momento i rischi e le attenzioni criminali dei delinquenti riservate all’ex carabiniere, nel frattempo tutelato da una scorta organizzata dal suo ex capo, maresciallo Quarta, si riversano sulla famiglia Balli, avviata in un percorso inedito quanto drammatico. Si snoda una narrazione dettagliata di fatti descritti dallo stesso Vincenzo dove adrenalina e angoscia sono da sfondo ad un susseguirsi di stati d’animo difficilmente immaginabili quanto efficacemente rappresentati. La vita della famiglia si trasforma in una serie di giornate interminabili scandite in ogni movimento e comunicazione dal consenso della scorta, una triade di agenti invisibili onnipresente che segue e precede con due auto civetta ogni spostamento dei coniugi e il tragitto quotidiano per accompagnare alla scuola materna la piccola Lucrezia. La quale progressivamente viene privata di ogni attività ludica senza poter ricevere alcuna spiegazione plausibile dai genitori, se non quella di un improbabile “signore del tempo” che in una sorta di gioco (ispirato dal film di Benigni “La vita è bella”) è l’unico a poter decidere tempi e uscite dalle mura domestiche.

L’evoluzione delle pressioni e delle minacce assumono volti sospetti che stanziano nei pressi dell’abitazione della famiglia Balli. Si sviluppa una serie di eventi anche tragici, un giovane carabiniere dedicato alla tutela di Lucrezia viene sequestrato e poi ucciso, (probabilmente in una casa campestre della famiglia Balli), lo stesso maresciallo Quarta, esaurita ogni vana attesa di un programma ministeriale di protezione (che copra anche le oramai insostenibili perdite economiche di Vincenzo e della sua attività lavorativa destinata al fallimento), dopo aver perso la moglie per un’improvvisa malattia, s’intesta un’operazione militare autonoma ammazzando tre malavitosi appartenenti alla cosca mafiosa. La famiglia Balli è costretta a più fughe repentine per scansare i sicari pronti ad ammazzarli. Residence turistici, alberghi, la casa di una sorella di Patrizia, sposata ad un noto e affidabile avvocato, diviene per un periodo un rifugio bunker. Bisogna lasciare anche questo riparo, si prospetta anche il trasferimento all’estero con una nuova identità.

Quando la tenuta psicologica di Patrizia è quasi compromessa e anche la precaria salute di Lucrezia provoca reazioni di panico e rabbia, alternatisi nei genitori, si realizza la svolta che prende corpo nel fisico e nella mente di Vincenzo, capace ancora di ripristinare un profilo psico- attitudinale formatosi nella prima leva militare da ex paracadutista. La terza e ultima parte del libro svela un finale degno di un thriller con la surreale aggravante della veridicità dei fatti narrati. Giudicati con un processo penale approdato con sentenza definitiva in cassazione il 21 settembre 2016. Sulla base di queste conclusioni, riportate nell’intervista finale all’autore, si desume l’impegno alla massima diffusione di questa esperienza. Che in un fantastico processo ai responsabili di azioni complesse e criminali, potrebbe per assurdo porre la mafia nota alle cronache come “parte lesa”, rispetto ad altri colpevoli che permeano il nostro Stato di Diritto con contaminazioni ancora oscure e mai chiarite.Dove cresce nella comune rassegnazione la distanza fra legalità e giustizia mentre si accorcia quella fra Stato e anti Stato. Le conclusioni di questa lettura richiamano ancora quel grido scomodo di rottura rivolto ai giovani napoletani, esternato dal grande Edoardo circa quaranta anni or sono nel suo noto“fuitevenne”. Quell’imperio ruvido potrebbe essere oggi esteso a tutti i giovani italiani, stritolati non solo dall’assenza di lavoro e futuro ma ancora di più da una cultura conservativa dello status quo dove,spesso, anche l’antimafia tramuta in pratica para mafiosa. Il tentativo stoico di Vincenzo Balli parte proprio da qui.    http://www.networknews24.it/2018/03/02/the-truman-boss-storia-italiana/

 

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